Caxigalines nella Reguera'l Campizu

14 maggio 2007

CIAO AMORE, DE IPP

CIAO AMORE
IPP


Si sentiva ancora l’urlo del pubblico quando Luigi chiuse lo sportello della macchina.
La porta del camerino aperta lasciava vedere il mazzo di fiori, pomposo e assurdo, che qualcuno aveva portato poco prima, bottiglie vuote, portacenere pieni e il libro di Pavese che mai dimenticava.
Il taxi imboccò strade deserte, mentre il suo coraggio scompariva come l’effetto della grappa, dolorosamente.
E poi mille strade grige come il fumo
in un mondo di luci sentirsi nessuno.
Appoggiò la testa sul finestrino: i palazzi sfilavano velocissimi, volti sconosciuti, locali stridenti, macchine sportive con ragazzi abbronzati, una vecchia truccata con il suo cane. Silenzio. Chiuse gli occhi per non vedere gli sguardi puritani della disapprovazione; per vederla, un’altra volta ancora: nuda, davanti alla finestra, circondata dal fumo delle sue sigarette, il vestito cinese aggrinzito ai suoi piedi. Persino il fatto di aversi incontrato a Parigi non era stata una bellissima idea, in qualsiasi luogo l’appuntamento fosse diventato più felice. Invece, l’anarchia splendente dei primi mesi restava là, aggrinzita e vuota come il vestito cinese. Fra loro, il silenzio, di nuovo, senza rendersi conto che la stava perdendo, che l’aveva persa.
E non capirci niente e aver voglia di tornare a te.
L’auto si fermò dopo alcuni minuti e le luci del Savoy si accesero e spensero nella sua faccia inespressiva:
-Siamo arrivati, signore.
E lei svanisce. Tornano gli urli, il suono lontano dell’orchestra, la voce confusa che non riesce a dire niente.
Senza rispondere, scende dal taxi. Senza parole, chiede la chiave della 219. E senza aprire le labbra, chiude la porta a tutto quello che nessuno capiva, a volte, neanche lui.
La città, il mare lontano riempiono la finestra della suite, mentre lui cerca qualche sorta d’indifferenza per non lasciarsi andare. Forse un tempo in cui una parola bastava per sentire le voci accoglienti degli amici. Magari il profumo di quella ragazza generosa e bellissima, una notte qualsiasi d’ubriachezza e pianto. A volte, la pelle bruciata dal sole nei giorni d’estate, di lunghissime estati dell’infanzia che non finivano mai.
Il grano da crescere, i campi d’arare,
guardare ogni giorno
se piove o c’è il sole,
per saper se domani
si vive o si muore.
Le luci lampeggianti nella distanza sembrano teatri affollati; lui sorride. Prende un foglio della scrivania, il nome del Savoy con la solita eleganza inglese si può leggere in alto, si siede e comincia a scrivere. Trentenne, aveva cominciato a invecchiare.
E un bel giorno dire basta e andare via
La Walter PPK era nel cassetto del tavolo, piccola ma robusta, dolcemente amica:
Ciao, amore
Ciao…

[Luigi Tenco si suicidò dopo avere cantato –sotto l’effetto di un’intera bottiglia di grappa- nel Festival di San Remo la canzone Ciao, amore, ciao. La sua interpretazione stonata ottenne trenta voti da 900 disponibili.]


CIAO AMORE
IPP
Escoitabanse os berros do público cando Luigi pechou a porta do coche. O camerino aberto deixaba entrever o ramo de flores, pomposo e absurdo, que alguén levara había pouco, botellas baleiras, cinceiros cheos e o libro de Pavese que nunca esquecía.
O taxi enfiou rúas desertas, mentres o seu coraxe esvanecíase coma o efecto da grappa, dolorosamente.
E poi mille strade grige come il fumo
in un mondo di luci sentirsi nessuno.
Sacou á cabeza pola ventaniña: os edificios desfilaban velocísimos, rostros descoñecidos, locais estridentes, autos deportivos, con rapaces bronceados, unha vella maqueada co seu can. Silencio. Fechou os ollos para non ver as olladas puritanas de desaprobación: para vela, unha vez máis, espida, diante da fiestra, arrodeada polo fumo dos cigarillos, o vestido chinés enrugado aos seus pes. Seica o feito de atoparense en París non fora unha boa idea: noutro lugar a cita fora, quizáis, máis feliz. En todo caso, a anarquía esplendorosa dos primeiros meses ficaba alí, enrugada e baleira coma o vestido chinés. Entre eles, o silencio, o baleiro, de novo, sen darse de conta de que estaba a perdela, que a perdera.
E non capirci niente e aver voglia di tornare a te.
O automóbil parou despois dalgúns minutos e as luces do Savoy prenderon e apagaron na súa faciana inexpresiva:
- Chegamos, señor.
E ela desaparece. Voltan os berros, o son lonxano da orquestra, a voz confusa que non consigue dicir ren. Sen respostar, baixa do taxi. Sen palabras, pide a chave da 219. E sen abrir os labios, pecha a porta a todo aquilo que ninguén comprendía, ás veces nin siquera el.
A cidade, o mar lonxano enchen a fiestra da suite, mentres percura unha especie de indiferencia para non deixarse ir. Quizáis un tempo no que unha palabra bastaba para escoitar as voces acollentes dos amigos. Quizáis o arrecendo daquela rapaza xenerosa e fermosísima, unha noite calquera de enchenta e bágoas. Ás veces, a pel queimada polo sol nos días de verán, de longuísimos veráns de infancia que non remataban xamáis.
Il grano da crescere, i campi d’arare,
guardare ogni giorno
se piove o c’è il sole,
per saper se domani
si vive o si muore.
As luces palpebrantes na distancia semellaban teatros ateigados; el sorrí. Colle unha folla da escribanía, le en alto o nome de Savoy escrito coa acostumada elegancia inglesa, senta e comeza a escribir. Con trinta e tantos, comezaba avellentarse.
E un bel giorno dire basta e andare via
A Walter PPK estaba no caixón da mesa, pequena pero robusta, docemente amiga:
Ciao, amore
Ciao…

[Luigi Tenco suicidouse despois de cantar, baixo o efecto dunha botella enteira de grappa, no Festival di San Remo a canción Ciao, amore, ciao. A súa interpretación desafinada obtivo trinta votos dos 900 posibles]

1 commento:

Nuca ha detto...

felicitacións a IPP